Un anno fa è morto tragicamente Emilio Russo. Ho perso un amico e un maestro. Per la sua famiglia, per le tantissime persone che l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene ancora oggi è difficile realizzare che la sua intelligenza, profondità di pensiero, sensibilità umana non ci siano più per spronarci, interrogarci, spingerci a riflettere non accontentatoci mai di fermarsi di fronte alle facili soluzioni, alle comode scorciatoie del pensiero. Se ci fosse ancora ci avrebbe aiutato come sempre a leggere e interpretare il tempo complicato in cui viviamo. Parlare di Emilio Russo in poche righe, con tutto quello che ancora si muove dentro di me, non è facile. Emilio era una personalità complessa in cui si intrecciavano completandosi diverse vocazioni, interessi, passioni. E’ stato prima di tutto un educatore, un maestro. Quando lasciò il Liceo scientifico Giovio di Como dopo trent’anni di insegnamento di filosofia e storia disse a noi colleghi in occasione della festa per il pensionamento che la qualità più importante di un insegnante era volere bene ai propri studenti. Seppe come sempre dire la cosa essenziale, in quel caso per chiunque decida di fare il mestiere dell’insegnante, ovvero che senza amore e capacità di entrare nel cuore di chi apprende non esiste alcuna possibilità di educare. Emilio Russo la vocazione dell’insegnamento ce l’aveva nel sangue, era parte integrante della sua personalità, avendo iniziato la sua carriera di docente come maestro nella scuola elementare per passare poi al liceo. Era maestro nel senso vero e alto del termine, aveva carisma, ti lasciava un segno, ti costringeva sempre a ricominciare daccapo per capire la realtà che non potevi mai semplificare troppo come lui insegnava. La sua ironia e il suo sarcasmo, talora la sua durezza, erano il modo di volerti bene perché tu crescessi e migliorassi se capiva che potevi farlo impegnandoti seriamente. Emilio amava la filosofia, ancora di più la storia, da raffinato cultore di questa aveva ben chiaro che il suo primo insegnamento è proprio l’estrema complessità di ogni fatto, la dialettica di cui è intessuta ogni azione umana. Emilio è stato un politico di razza e vocazione, protagonista di primo piano dagli anni ’70 della politica comasca e lombarda come dirigente politico e amministratore nel Partito comunista, poi nel PDS, nei DS fino all’approdo nel PD che avrebbe lasciato per diventare negli ultimi anni punto di riferimento a Como di Mdp Articolo Uno. Viveva la sua nuova avventura politica con generosità come possibilità nuova per rilanciare una sinistra che restasse fedele alla sua storia e ai suoi valori di libertà, uguaglianza e giustizia sociale. Aveva il gusto per una politica che concepiva e viveva come ramo delle professioni intellettuali secondo l’insegnamento di Gramsci e Weber. La politica è teoria e prassi assieme, pensiero e azione, mai pura improvvisazione e propaganda come appare sempre più nel presente. In direzione ostinata e contraria Emilio non rinunciava ad impegnarsi e spendersi in prima persona pur sentendo il presente sempre più distante, come accade a tanti che si sono formati nella politica di un altro tempo storico. Il suo impegno in prima fila a settant’anni in Articolo Uno, dopo un curriculum politico di primordine, è testimonianza di questo. Emilio era un fine politico, oltre che un intellettuale, in questo era rimasto essenzialmente un togliattiano pur essendo cresciuto politicamente nel periodo di Enrico Berlinguer. Politica e cultura, le due dimensioni erano strettamente legate in lui, la passione politica innervava la sua autentica vocazione pedagogica. Quante volte Emilio ci ha detto che per essere un bravo insegnante fosse necessario avere coscienza e interesse politico, altro dall’essere un propagandista, altrimenti l’insegnamento sarebbe risultato vuoto e astratto. Diceva bene perché politica è guardare al mondo oltre ogni piccolo recinto, noi siamo sempre nel mondo anche quando siamo in un’aula scolastica a fare lezione. Mi sono sempre chiesto la ragione di fondo della finezza politica di Emilio, la risposta che mi sono dato è che ciò dipendesse dalla conoscenza profonda che lui aveva dei limiti della politica stessa. Per lui la funzione della politica non era portarci alla salvezza, bensì limitare e contenere per quanto possibile il male del mondo. Dietro questa sua visione dell’agire politico ci stava una profonda elaborazione filosofica e, per lui profondamente cattolico, teologica sull’oltre rispetto alla storia. La filosofia è stata una passione coltivata per tutta la vita come vero humus in cui affondavano le radici della sua vocazione pedagogica. Grazie a questa poliedricità di interessi e inclinazioni armonicamente intrecciati tra loro Emilio Russo è stato una guida intellettuale e politica per tanti che furono giovani e comunisti a Como tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Il suo carisma affascinava molti, così come suscitava molte critiche e una dialettica vera come solo accade quando si ha a che fare con personalità di rilievo come la sua.
Personalità complessa e poliedrica abbiamo detto, tra le diverse facce di essa c’era la scrittura, passione e interesse tra i più significativi di Emilio Russo, autore di due romanzi storico-politici uno colorato anche di giallo, di molte poesie edite in varie raccolte e antologie. Quello letterario è un aspetto assai importante per comprendere la sua figura, perché è il luogo in cui appare la matrice più profonda, inedita, delicata e intima di cui si sono nutriti gli aspetti pubblici della sua esistenza, come fosse l’ombra dietro la luce. Per questo appare assai opportuna e originale la scelta di ricordare l’intellettuale e politico comasco ad un anno dalla scomparsa con l’iniziativa promossa da Articolo Uno, Casa Editrice ExCogita, associazione Cultura Politica, rivista “Restart” che si terrà il 13 settembre alle ore 15 alla Camera dei deputati, presso la Sala Conferenza del Palazzo del Parlamento (saranno presenti Chiara Braga, Federico Fornaro, Mauro Guerra presidente, Paolo Emilio Russo, Stefano Binda, Luciana Bianciardi, Giuliana Nuvoli, Simone Oggionni) in cui verrà presentato il libro postumo di poesie di Emilio Russo Presente pubblicato quest’anno da ExCogita. Letto oggi il libro fa impressione, sembra un testamento umano e intellettuale in cui tutta l’esistenza irripetibile di Emilio, lo è quella di ognuno di noi, senza che nessuno dei suoi aspetti ne resti fuori, facesse attraverso le parole di quei versi inediti ed essenziali i conti con se stessa senza più alcuno schermo. Quello che si prova leggendo alcuni di quei testi è davvero toccante, fa venire i brividi come accade con la poesia intitolata La polvere della storia: “E’ stata la mia casa, fratello,/ questa casa,/negli anni della nostra giovinezza./ Che oggi si stringe il cuore/ cadente e negletta/deserta dalle idee, dai progetti dagli uomini/che un tempo sognavano/insieme/di dare al mondo una storia diversa./Stride il cancello se ancora vuoi entrare/nel cortile./Là sopra gli uffici/di una rivoluzione mai fatta./Un arbitro senza nome ha fischiato/la fine./ Si è posata la polvere/sui vecchi ciclostili e sulle nostre passioni.” Oppure gli impressionanti versi conclusivi di Nesso che letti oggi sembrano incredibile presagio di quel che sarebbe drammaticamente avvenuto un anno fa proprio tra le montagne dell’amato lago di Como: ”E temi/che interrompendosi il flusso/ per un miracolo o una beffa/d’un tratto, senza preavviso,/sia la vita a finire.” Il disincanto, la nostalgia, la malinconia, come dicono i versi di Sere: “Ancora non sapevo che al vivere stesso/si addice la malinconia/o forse è perché, come allora,/oggi è sera per me.”, sono la cifra essenziale di una scrittura intensa e profonda che può darsi solo se dentro, come perla in una conchiglia, resta il battito di una passione e di una tensione vitale mai sopite e sempre testardamente coltivate con intelligenza lucida da Emilio Russo fino alla fine perché, come conclude la poesia Emilia dedicata all’amatissima nipote, “questo, non altro, il mio lascito di uomo.”
Gianfranco Giudice