L’elezione dei Presidenti della Repubblica Italiana sull’organo del Partito Comunista Italiano
Mercoledì 11 Maggio 1948 – Anno XXV (Nuova Serie) N. 111 – Una copia L. 15 – Arretrata L. 18
Sessantasette voti di maggioranza alla quarta votazione
Einaudi Presidente della Repubblica
La Democrazia Cristiana ha voluto imporre una maggioranza di parte, impedendo un voto di concordia – 320 suffragi a Vittorio Emanuele Orlando
L’editoriale
La faziosità della maggioranza d.c. si è manifestata nuovamente ieri rifiutando di sospendere per mezz’ora la riunione aperta alle ore10. I deputati frontisti l’avevano richiesto, desiderando avere la possibilità di accordarsi per un voto unanime nella elezione del presidente della Repubblica. I democristiani non hanno voluto, alcuni perché non hanno capito, altri perché, avendo capito, hanno preferito che Einaudi apparisse un Presidente di parte anziché il Presidente di tutti gli italiani.
Così si è giunti di terzo scrutinio in cui Einaudi non ebbe i due terzi dei voti necessari alla elezione e al quarto, in cui ebbe solo 67 voti in più della indispensabile maggioranza assoluta. Il Fronte, votando dapprima scheda bianca e poi concentrando i suffragi Orlando, non ha inteso porre una sfiducia pregiudiziale all’on. Einaudi, la cui elezione era sicura. Ha inteso essenzialmente indicare ai Paese da quale intento di sopraffazione e di divisione il governo e la maggioranza d.c. sono stati ispirati fino all’ultimo.
Il Fronte ha combattuto una bella battaglia. Era evidentemente assurdo pensare alla vittoria di uno dei suoi uomini. Bisognava allora scegliere fra due tattiche: o rimanere su una posizione di assoluta intransigenza votando per un proprio candidato e disinteressandosi di questo o di quei candidato che avesse possibilità di essere eletto, oppure diventare elemento attivo della lotta, dimostrare che nulla è possibile fare senza il Fronte, agire in modo da ottenere l’elezione di un uomo che desse garanzia di onestà politica.
Questa seconda linea è stata unitariamente scelta da tutti i gruppi appartenenti ai Fronte ed e stata applicata con successo. Come abbiamo detto e ripetuto, lo sforzo cocciuto dei dirigenti d.c. ed in particolare dell’on. De Gasperi è stato teso fin dall’inizio ad impedire qualsiasi contatto tra la maggioranza e la minoranza. Nessuno può credere che l’on. Sforza fosse il candidato del gruppo repubblicano, benevolmente accettato dal D.C.
L’on. Sforza era l’uomo della D.C., L’uomo del governo nord-americano e doveva quindi essere particolarmente osteggiato dal Fronte. Per imporlo il capo del governo isolò la D.C., sperando di riuscire nel corso della lotta a raccogliere dai vari gruppi minori i voti sufficienti per un’elezione di misura. Mai balenò in mente all’on. De Gasperi che era suo dovere, in quanto capo del governo e della maggioranza, di consultare i capi dell’opposizione, come norma in ogni regime parlamentare.
Questa concezione del regime parlamentare democratico è assolutamente estranea all’on. De Gasperi bigotto e quindi intollerante e per di più formatosi politicamente nel regime austriaco, regime cancellieresco e non parlamentare. Come l’on. Scelba non volle capire che il 25 Aprile, festa nazionale repubblicana, sarebbe stata una magnifica occasione per riunire tutto il popolo italiano in una solenne manifestazione nazionale, così l’on. De Gasperi rifiutò la nuova occasione: rifiutò in sostanza la possibilità di far eleggere il primo presidente della Repubblica in una atmosfera di concorde responsabilità, di dargli la massima autorità possibile di fronte a tutto il popolo.
Sul terreno da lui scelto l’on. De Gasperi è stato battuto. Non la D.C., ma il Fronte ha raccolto attorno a sé nel momento decisivo della battaglia, fa maggior parte dei gruppi minori riuscendo persino a dividere lo schieramento democristiano. Anche la stampa cosiddetta indipendente, che tanto ha contribuito alla vittoria d.c., e in sorta quasi tutta e su vari quotidiani furono scritte parole molto dure, non meno aspre delle nostre. Il Fronte ha dato innanzitutto alla maggioranza d.c. la prova che non è possibile imporre la sua dittatura e contemporaneamente ha impedito la elezione di un uomo nefasto e senza le qualità necessarie per l’altissima carica. Se lo stenterello americano è oggi costretto a ritirarsi a vita privata, il popolo italiano lo deve al Fronte.
Contro l’on. Einaudi il fronte non ha certo ragioni di ostilità così gravi: La D.C. lo avesse voluto non sarebbe forse stato alieno da dargli i propri voti. D’altra parte a suggerire l’ultima manifestazione in favore dell’on. Orlando è stata soprattutto la considerazione che i rappresentanti del Mezzogiorno sono stati esclusi da tutte le alte cariche statali (Einaudi è piemontese, De Gasperi trentino, Gronchi toscano, Bonomi lombardo).
È parso opportuno dimostrare che ciò non è avvenuto per un qualsiasi preconcetto. Ed anche così il fronte ha servito il paese e la Repubblica.
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La cronaca
Ieri sera, al termine della quarta votazione, il senatore Luigi Einaudi è stato eletto Presidente della Repubblica.
Ecco il risultato della votazione:
Presenti 872
Astenuti 1
Votanti 871
Einaudi 518
Orlando 320
Voti dispersi 4
Schede bianche 29
La maggioranza necessaria per la elezione era della metà più uno dei componenti dell’Assemblea: 451. Luigi Einaudi è stato così eletto con 67 voti di maggioranza.
L’ultima giornata
L’ultima giornata di votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica si è ieri iniziata in un’atmosfera di grande nervosismo. La giornata seguiva infatti a una notte che per i democristiani era stata tra le più nere della storia del loro partito. Era la nottata che aveva visto concretarsi la loro sconfitta con il ritiro della candidatura Sforza: ritiro imposto dalla decisione di Saragat e dei suoi di non votare per Sforza. visto che il candidato di De Gasperi non dava affidamento di poter ricevere un numero notevole di voti. Un tempestoso colloquio c’era stato, su questo argomento, fra Saragat e Pacciardi, mentre i democristiani non avevano potuto far altro che prendere atto della decisione saragattiana e convincere Sforza, a prezzo di inenarrabili sacrifici, a rinunciare alla propria candidatura. Era questa la confessione piena della sconfitta subita da De Gasperi nel tentativo di imporre all’Assemblea e al Paese la elezione di un uomo che godeva la fiducia solo di un Cancelliere austriaco e di un Ambasciatore americano.
Dopo, ti ritiro della candidatura Sforza i deputati e i senatori della DC si riunivano — ieri mattina presto — a Montecitorio per discutere sul da farsi. Respinta la prospettiva di cercare nell’interesse del Paese un accordo con gli altri Gruppi — “Se Einaudi fosse stato eletto all’unanimità a noi sarebbe spiaciuto” dirà più tardi a alcuni amici il Sottosegretario Andreotti — i democristiani rimanevano fermi sulla loro posizione: che era di sopraffazione nei confronti dell’opposizione e di tutti gli altri Gruppi e decidevano di proporre un candidato senza neppure vedere gli altri Gruppi della coalizione governativa.
Poco prima dell’inizio della seduta antimeridiana, così, i deputati e senatori democristiani emanavano un breve comunicato nel quale — dopo una breve tiratina d’orecchie a Saragat — annunciavano di aver deciso di votare per l’on. Luigi Einaudi. Nel comunicato trovava pure conveniente posto un elogio al “caduto” — leggi conte Sforza — al quale, come consolazione, veniva promesso di lasciare il Ministero degli Esteri.
Nervosismo d. c.
Alle 10 precise — mentre i deputati affollano ancora il Transatlantico per sentire le recriminazioni di Pacciardi e La Malta — la seduta ha inizio. Subito l’on. DONATI — indipendente eletto nelle liste del Fronte — domanda la parola e chiede che la votazione abbia un breve rinvio della votazione (mezz’ora) per permettere ai Gruppi di esaminare la situazione che si era determinata dopo il ritiro della candidatura Sforza avvenuto nel corso della notte.
A questo punto i democristiani non riescono più a controllare i propri nervi e mostrano il loro volto di spregiatori, financo delle elementari forme di cortesia di ogni diritto delle minoranze. CINGOLANI. a nome del suo Gruppo, fa immediatamente sapere che la DC non permetterà assolutamente che la seduta sia sospesa anche per pochi minuti, secondo il desiderio della sinistra
TOGLIATTI con grande fa appello alla cortesia dei colleghi, invitandoli di dare modo ai Gruppi di consultarsi e di permettere così che la votazione corrisponda all’aspettazione del Paese. Ma i democristiani non sono disposti a fare nemmeno la più piccola delle concessioni. DOSSETTI si oppone alla richiesta associandosi alle considerazioni esposte da Cingolani. Il Presidente che è dello stesso partito di Dossetti e Cingolani, mettere ai voti la proposta di sospensiva, che è naturalmente bocciata. Il vecchio senatore repubblicano CONTI protesta per questo modo di procedere e con accorate parole invita l’Assemblea a ritornare sui suoi passi, ma invano perché Gronchi lo interrompe bruscamente ordinando ai segretari di iniziare l’appello.
Votazione nulla
Nell’impossibilità di consultarsi comunisti, socialisti, indipendenti di sinistra e saragattiani decidono di votare scheda bianca. Così alle 13, quando il presidente annuncia i risultati a Einaudi mancheranno i voti necessari per assicurarsi la elezione – che deve ancora avvenire con la maggioranza di due terzi – E si renderà necessario procedere a una nuova votazione, la quarta, nella quale sarà sufficiente la maggioranza semplice. Einaudi infatti non ha raccolto che 462 voti: le schede bianche sono state 333.
All’inizio del pomeriggio i vari gruppi parlamentari si sono riuniti per esaminare la situazione e decidere in conseguenza. I saragattiani, dopo una lunga seduta, decidono di votare compatti per Einaudi. I partiti del fronte prendono una diversa posizione: , socialisti , indipendenti di sinistra voteranno Vittorio Emanuele Orlando. La decisione della sinistra è stata presa, si dice nei corridoi, in base a due ordini di considerazioni. Prima di tutto Einaudi è un Settentrionale come settentrionali sono De Gasperi, Gronchi e Bonomi. In questo modo le quattro presidenze dello Stato italiano saranno nelle mani di uomini del settentrione Questo suona offesa al meridione – che forse la DC ha voluto “punire” per non aver corrisposto, in sede elettorale, alle speranze che avevano nutrito – e è giusto ristabilire l’equilibrio proponendo per la massima carica dello Stato un illustre parlamentare meridionale di nascita, ma che per il suo nome potrebbe rappresentare un simbolo di unità per l’intera nazione italiana. La seconda considerazione era che bisognava esprimere concretamente la protesta dell’opposizione per le forme imperative e sopraffattorie con le quali la DC ha cercato di imporre al paese il “suo” presidente. In ogni caso la decisione delle sinistre – alle quali si associano numerosi liberali e una quarantina di indipendenti – non aveva il carattere di protesta contro l’on. Einaudi.
In questa situazione, alle 18, si inizia la seduta pomeridiana. Per la quarta volta in due giorni i senatori e i deputati vanno a deporre il loro voto nell’urna. Per la quarta volta in due giorni il presidente spoglia le schede e legge, con voce monotona, i nomi dei prescelti. Alle 22:22 Gronchi proclama i risultati. Luigi Einaudi, che ha ottenuto 518 voti, viene proclamato Presidente della Repubblica italiana. Il centro applaude e tutti i deputati, compresa l’estrema sinistra e i settori che avevano dato il loro voto a Orlando, si alzano in piedi per rendere omaggio al presidente della Repubblica. Si alzano i membri del governo. Si alza il pubblico delle tribune.
Orlando ha ottenuto 320 voti e numerosi applausi salutano anche la lettura del suo nome. Alle 20:30 la seduta è tolta dopo che ne è stato approvato il processo verbale che Gronchi dovrà recare all’eletto.