La elezione dei Presidenti della Repubblica Italiana
L’UNITÀ
ORGANO DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO Quotidiano / sped. abb. postale / Lire 50 * * Anno XLI / N. 348 / giovedì 24 dicembre 1964
MARIO ALICATA Direttore
LUIGI PINTOR Condirettore
MASSIMO GHIARA Direttore responsabile
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La sinistra contrappone una piattaforma unitaria alla prepotenza dorotea
PCI e PSI uniti votano Nenni
Leone battuto per altre due volte
Nonostante il voto fascista e liberale, il candidato imposto da Colombo non passa – Continua con le schede bianche e i voti dispersi la resistenza della sinistra d.c.
Il PSDI vota in bianco, il PSIUP Malagugini – Oggi alle 10,30 la 15′ votazione; se necessario si voterà anche a Natale
Oggi, vigilia di Natale, per la prima volta nella storia del Parlamento italiano, l’assemblea terrà una nuova seduta, alle 1030. Se nemmeno lo scrutinio di stamane (il quindicesimo) avrà esito positivo, l’assemblea sarà riconvocata, probabilmente per il giorno di Natale, nel pomeriggio. Nessuna decisione e stata ancora presa dal presidente Bucciarelli Ducci, ma si sa che egli è assai poco propenso ad accettare il suggerimento che gli era venuto dalla DC, di sospendere le sedute per tre giorni. La seduta unica convocata mercoledì 16 dicembre, si avvia quindi ad essere la più lunga che si ricordi. Ieri, all’inizio del quattordicesimo scrutinio, erano passati esattamente otto giorni dal momento in cui, per la prima volta, deputati, senatori e delegati regionali erano giunti a Montecitorio per designare il nuovo presidente della Repubblica.
La tredicesima votazione, svoltasi ieri mattina, e la quattordicesima del pomeriggio, hanno segnato un solo importante fatto nuovo: la confluenza dei voti comunisti sul nome di Nenni, che ha raccolto così 351 voti la mattina e 353 il pomeriggio. Invece il PSIUP ha continuato a votare Malagugini, e il PSDI ha insistito ufficialmente sulla scheda bianca. Sull’altro fronte il MSI ha continuato a votare Leone, in modo probabilmente sempre più compatto, così pure PLI. Ma ormai si contano – durante gli scrutini – non più e non tanto i nomi dei candidati, quanto le schede bianche. La dissidenza democristiana infatti, dopo la rinuncia di pastore e Fanfani, si esprime con la scheda bianca. I seguaci di «Nuove Cronache» e di «Forze nuove», resistono quindi ancora alla pressione della Direzione che chiede loro di attenersi rigorosamente alla disciplina di partito e dl votare per l’on. Leone. «Possono sconfiggerci, ma non possono umiliarci», diceva stamane uno degli amici dell’on Fanfani. Ciò non impediva naturalmente ai due avversari dl scambiarsi, in aula, un caloroso saluto; poi addirittura Fanfani e Leone sedevano accanto, sul quarto banco in uno dei settori centrali dell’emiciclo e continuavano a parlare fitto.
La votazione della mattina cominciava, con le consuete modalità, alle ore 10.30. Un’ora e mezzo dopo aveva inizio lo scrutinio.
Le prime tre schede sono per Leone, poi ce ne sono due per Nenni, ancora una per Montini Ludovico (fratello di Paolo VI), una per Malagugini, due bianche. A questo punto le schede per Leone si susseguono fitte, sembra che il candidato ufficiale della Dc prenda quota, le schede bianche sembrano diminuire. In compenso. aumentano le schede ironiche: due per Furio Cicogna (presidente della Confindustria, tre ancora per Montini, e quelle nulle. La scheda nulla prima di essere dichiarata tale viene attentamente esaminata da Bucciarelli Ducci, che poi si consulta con Zelioli-Lanzini che gli siede accanto. «Illeggibile, quindi nulla», chiara poi il presidente. Molti giornalisti in tribuna stampa giurano che su una di quelle schede c’era scritto «W De Gasperi!», su un’altra era vergato un insulto.
Man mano che Io scrutinio procede, però, appare evidente che, mentre attorno al nome di Nenni si sono raccolti tutti i voti socialisti e comunisti più qualche altro di ignota provenienza (egli ha raccolto infatti al 13° scrutinio 351 voti), l’onorevole Leone non riesce a superare il muro delle schede bianche. Alle 12.10, dopo 15 minuti di scrutinio, Leone ha 168 voti. Nenni 159, le schede bianche sono 63. E’ chiaro che Leone, in questo scrutinio, non ha alcuna possibilità di passare. Attorno al tavolo delle commissioni, dove sono riuniti molti parlamentari, si commentano già queste cifre, fino a quando giunge il consueto richiamo del Presidente al silenzio.
Nel settore comunista, Sulotto, Lama e Ingrao seguono i risultati mano a mano che il compagno Golinelli li segna su un grande foglio quadrettato; sui banchi democristiani appaiono invece del tutto indifferenti gli onorevoli Lucifredi e Pintus. Il primo ha occupato tutta la seduta a rispondere ai biglietti di augurio natalizi ricevuti: il suo banco trabocca di cartoncini coloratissimi, con alberi di Natale, presepi e ramoscelli di vischio; l’onorevole Pintus, invece, che si è sposato due settimane fa, dispone in bell’ordine alcuni fasci di telegrammi e li divide con attenzione.
Una risata provoca la scheda che porta il nome di Silvio Gava, presidente del gruppo dei senatori democristiani.
Ma l’on. Gava, che si guadagnò, nel corso delle ultime trattative di governo, il di soprannome di «mastino» per il temperamento aggressivo che Io contraddistinse, anche se non è certo un candidato serio per la Presidenza, ha ottenuto tuttavia, alla seduta pomeridiana, un altro voto. Un voto hanno ottenuto, sempre nello scrutinio del pomeriggio, anche l’onorevole Scelba e il missino Franz Turchi.
Quando, alle ore 17, il presidente ha dichiarato aperta la seduta, dando inizio alla quattordicesima votazione, si è avuta l’impressione, che è risultata non modificata, di uno stabilizzarsi delle rispettive posizioni. Non è possibile infatti giudicare i 13 voti che Leone ha conquistato da uno scrutinio all’altro, come indice di un mutamento reale della situazione a suo favore L’unico momento di emozione della serata, sottolineato da un lungo commento dell’Assemblea, si è avuto quando, alle 18.42 precise le schede già scrutinate segnavano un sia pur lieve vantaggio dl Nenni su Leone. Nenni aveva 122 voti. Leone 119. Subito dopo, però, sono arrivate 3, 4, 5 schede di seguito, a favore di Leone, un paio bianche, ancora una per Leone. E l’ex presidente della Camera è rimasto in testa fra i concorrenti fino al traguardo della 942^ scheda scrutinata. Tra i voti dispersi è apparso anche il nome del prof Carlo Arturo Jemolo.
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Per sbloccare la situazione dopo otto giorni di scrutini nulli
I gruppi del PCI motivano il voto comunista a Nenni
La lettera di risposta di Nenni a e Terracini – Il PSDI nega a Nenni l’appoggio dopo averlo ricevuto dal PSI per Saragat – Rumor alla ricerca di un nuovo candidato?
La posizione del PSIUP – Verso il ritiro di Leone? — Pressioni dc sulle «schede bianche»
Ieri, ottava giornata di elezioni del Presidente della Repubblica, al centro dell’attenzione si è posta un’altra iniziativa del Partito comunista tesa a sbloccare la situazione resa inerte dalla prepotenza dorotea e a creare uno schieramento di forze democratiche, laiche e della sinistra cattolica, capace dl modificare la situazione. Di fronte a questa iniziativa, che si è concretata nel passaggio del voti comunisti da Terracini a Nenni, sempre più rigida e sterile è apparsa la posizione della DC. Il candidato ufficiale, Leone, è apparso anche ieri al suo posto, malgrado le oscillazioni e il fatto che, contro al suo nome, continuano a schierarsi 120-130 schede bianche che, con altri voti «dispersi» denunciano la presenza di un forte di deputati democristiani ostili al candidato doroteo.
La decisione del Partito comunista italiano di riversare i suoi voti sul nome di Piretro Nenni, veniva ufficialmente annunciata ieri mattina. «I gruppi comunisti – dice il comunicato- hanno costantemente ispirato la loro azione al fine di battere il candidato del gruppo di potere doroteo e di giungere alla elezione del Presidente della Repubblica con l’apporto dl tutte le forze democratiche e sinistra sia laiche sia cattoliche. Questo obiettivo non è mutato e appare ancora oggi realizzabile. A questo scopo i gruppi comunisti hanno ritenuto opportuno dare un’altra prova concreta di spirito e di volontà unitaria spostando i loro voti sul nome del compagno Pietro Nenni. Questa decisione mira a facilitare una convergenza di tutte le forze democratiche e di sinistra al fine di dare al Paese un Presidente della Repubblica che ne interpreti la volontà di rinnovamento secondo la linea tracciata dalla Costituzione repubblicana»
L’annuncio del PCI sollevava notevole eco in Parlamento e i suoi riflessi apparivano immediatamente nella tredicesima votazione, nella quale Nenni passava da 104 a 351 voti, con i voti del PSI, del PCI e del PRI.
Da parte socialista, l’iniziativa politica del PCI riceveva una risposta positiva, con una lettera indirizzata da Nenni a Ingrao e Terracini, così concepita: «Cari compagi., sono grato ai gruppi comunisti del Senato e della Camera d’aver riversato i loro voti sul mio nome. Voi avete così dimostrato di saper superare i contrasti ideologici e politici rimangono quelli che sono ma che non ci impediscono di ricercare, nella elezione del Presidente della Repubblica, una maggioranza capace di esprimere la volontà di sviluppo democratico e di progresso sociale del nostro popolo».
Nenni inviava poi a La Malfa un’altra lettera: «Caro La Malfa, sono grato agli amici repubblicani di avere deciso di votare il mio nome nello spirito con cui insieme avevamo votato l’on. Saragat. Abbiamo in questa battaglia un obiettivo comune: garantire il consolidamento e lo sviluppo delle istituzioni repubblicane».
STERILE IL PSDI
La lettera di Nenni al Partito comunista e il ringraziamento a La Malfa (con l’accenno al voto del PSI per Saragat, non ricambiato) producevano anch’essi una notevole impressione. L’eco più vistosa di questa sensazione la si aveva in campo socialdemocratico. Mantenendo ferma la loro posizione di sterilità (la stessa che aveva consigliato al PSDI di mantenere chiusa la candidatura di Saragat e di non accedere all’invito di Longo per la ricerca di un candidato comune) i socialdemocratici decidevano di continuare a votare scheda bianca, in segno di protesta per l’abbandono «laico» della candidatura Saragat. Per fissare meglio il distacco, Saragat dava pubblicità alla sua lettera di rinuncia alla candidatura. indirizzata tre giorni prima al PSI e al PRI. Il testo non aggiunge molto a ciò che già si conosceva. Si legge in esso, tuttavia, la protesta per gli «inizi di perplessità» apparsi nel voto per Saragat alla sesta votazione. In quell’occasione – come si ricorderà il leader del PSDI perse 7 voti, sembra di «lombardiani» il che produsse l’astensione-controllo del PSI, PSDI e PRI per verificare le «fughe». La lettera poi prospetta la necessità di scegliere «un candidato che dia affidamento di assicurare la compattezza dei tre partiti».
La pubblicazione della lettera di Saragat, seguita dalla conferma della scheda bianca da parte del PSDI sta a significare che, mentre Saragat ritiene se stesso capace di assicurare la unità dei tre partiti, non stima che Io stesso possa dirsi di Nenni. Come prova di questo assunto dovrebbe deporre il fatto che mentre il PSI ha votato Saragat, il PSDI non vota Nenni anche se votato dai repubblicani e fortemente rafforzato dal PCI.
La pubblicazione della lettera di Saragat, tuttavia, non ha avuto riflessi seri nel PSI e nel PRI. I due partiti laici continuavano a votare per Nenni e il PRI spiegava la sua posizione con un comunicato, in verità abbastanza contorto. «Pur convinto che sia stato un grave errore non accettare la proposta repubblicana (per una terna Saragat, Reale, Nenni, n.d.r.) intesa a consolidare la solidarietà dei tre partiti della sinistra democratica – dice il comunicato del PRI – il gruppo repubblicano ha votato ieri e continua a votare per l’on. Nenni, nello stesso spirito con cui ha votato e tornerebbe a votare per l’on. Saragat ».
In questo quadro, giungeva come una bomba verso le 17, la notizia che Saragat aveva dato le dimissioni. Aggiunta alle notizie dei giorni scorsi su un incidente tra Saragat e Nenni, la notizia dominava per circa un’ora su tutte le altre. Ad accreditarla si spargeva poi la notizia di una improvvisa convocazione del Consiglio dei Ministri. Poco dopo, tuttavia, giungeva una smentita dell’interessato il quale diramava una comunicazione ove si leggeva che «la notizia fatta circolare delle dimissioni dell’on. Saragat da ministro degli Affari Esteri è destituita di ogni fondamento e si aggiunge alle altre notizie completamente inventate dei giorni precedenti. L’on. Saragat – continuava la dichiarazione ufficiosa – si atterrà, in ogni circostanza, alle decisioni del suo partito».
LA POSIZIONE DEL PSIUP
Il voto dei parlamentari del PSIUP anche ieri si è mantenuto fermo sul nome del candidato ufficiale del partito, Alcide Malagugini, sul quale il PSIUP è ritornato dopo la rinuncia di Fanfani. Il compagno Vecchietti motivava con una dichiarazione i motivi della posizione del PSIUP di fronte alla candidatura di Nenni. «Noi – dice la dichiarazione – non votiamo la candidatura di Nenni soltanto perché essa, ancora oggi, come è stato anche per Saragat, ostacola l’incontro delle sinistre con le forze avanzate del movimento cattolico. Per questo incontro ci siamo battuti e crediamo che ci si debba battere ancora».
IL RITIRO Dl LEONE ?
Tutta la giornata di ieri è stata dominata, nella DC, dalla preoccupazione per il pessimo andamento della candidatura ufficiale Leone, difesa fino allo strazio, da Colombo e dai suoi. L’elemento più preoccupante, per la Democrazia cristiana, resta il consolidamento delle schede bianche, che dopo la rinuncia di Fanfani e Pastore, oscillano tra le 100 e le 129. Tra le bianche oltre ai socialdemocratici, figurano infatti notevoli gruppi di democristiani che, fino a ieri sera – malgrado le pressioni – continuavano a negare la loro fiducia al candidato ufficiale doroteo.
Per tutta la giornata Rumor, Moro e Colombo si sono prodigati nel cercare di persuadere, uno per uno, i singoli «bianchi». Ma senza molto successo; nella quattordicesima votazione, infatti, la massa delle bianche restava più o meno la stessa (120) con una perdita di nove rispetto alla tredicesima, ma dovuta soprattutto ai «controlli» del MSI, che ha stretto ancor più le file attorno a Leone.
Rumor nel corso della giornata aveva avuto contatti politici con rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari. Egli poi riceveva una serie richieste, da parte di «Nuove forze» e di altri gruppi sparsi di deputati d.c., per una convocazione rapida, del gruppo parlamentare. Rumor e Colombo si opponevano alla richiesta (ricevendo l’appoggio di Scelba), temendo che in quella sede potesse effettuarsi un «ritorno» della candidatura di Fanfani.
Invece dei gruppi, Rumor ha convocato la Direzione e i direttivi.
Preceduta da una riunione di «capi», (Rumor, Colombo, Moro e altri) la riunione comune iniziava alle 21. Per la prima volta, in modo consistente, affiorava in questa sede la ipotesi di un ritiro di Leone. Rumor, nella sua relazione informativa, ricordava che Leone aveva già due volte chiesto di essere esonerato dalla sua scomoda posizione nella quale era rimasto assiso «per disciplina». Pur senza fare nomi, Rumor faceva intendere che la DC stava orientandosi verso la ricerca di un candidato la cui nomina sarebbe stata ratificata dalla Direzione stamattina, prima della votazione.
Nella riunione dei direttivi, venivano proposti i nomi di nuovi candidati. Venivano presi in esame, in particolare, i nomi dei quali si era parlato nei contatti avuti in precedenza con gli altri gruppi parlamentari. La rosa circolata ieri notte, e sulla quale la Direzione stamane dovrà pronunciarsi, comprendeva Merzagora, Piccioni, Zaccagnini, Bucciarelli-Ducci. Il nome di Piccioni, in particolare, sembrava quello ritenuto più idoneo a raccogliere la maggior parte dei voti democristiani annullando così una gran parte delle schede bianche. Non si escludeva che, attorno al nome di Piccioni, la DC potesse chiamare voti anche da altri settori, in particolare dalla destra, dal PLI, dai gruppi misti, dal SVP e da una parte del PSDI, in modo da raggranellare (recuperata la grande massa dei 393 democristiani) una maggiorana, sia pure di pochissimi voti.
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Un documento della direzione del PCI per una soluzione positiva della battaglia per la Presidenza della Repubblica
Appello alle forze democratiche laiche e cattoliche
La direzione del PCI, dopo otto giorni di battaglia parlamentare e 14 scrutini nulli per la elezione del Presidente della Repubblica, ritiene necessario sottolineare, di fronte all’opinione pubblica, che la responsabilità di questa situazione ricade sul gruppo dirigente della DC. Questo non ha rispettato né lo spirito, né la lettera della Costituzione repubblicana, la quale, imponendo per la elezione del Capo dello Stato una larga maggioranza, presuppone implicitamente che nessun partito pretenda di imporre un proprio candidato scelto al di fuori di un accordo altri gruppi.
La battaglia che da una settimana la maggioranza del Parlamento conduce contro la candidatura dell’on. Leone, ha in primo luogo questo significato di difesa della Costituzione, e come tale è compresa ed apprezzata dall’opinione pubblica. La necessità di respingere questa candidatura si è fatta ancor più evidente dal momento che essa, avendo ottenuto i voti fascisti, si presenta come una soluzione nettamente qualificata a destra.
I GRUPPI parlamentari del PCI, ai quali la direzione rivolge il proprio plauso, sono stati in prima linea in questa battaglia. Con la loro fermezza e compattezza, essi hanno animato la più grande resistenza che ha fatto, fino ad oggi, fallire il disegno del gruppo dirigente della DC, ed hanno creato le condizioni per l’affermarsi di una positiva alternativa alla candidatura Leone. stato così dato già un duro colpo alla prepotenza dorotea e ai propositi di eleggere il presidente della Repubblica sulla base di inammissibili discriminazioni verso interi settori del Parlamento e persino nei confronti di uomini della stessa DC.
Fin dal primo momento, e concentrando per 12 scrutini i propri voti sul compagno Terracini, luminosa figura dell’antifascismo e presidente dell’assemblea che diede all’Italia la Costituzione repubblicana, i gruppi parlamentari del PCI hanno chiaramente manifestato la volontà di favorire, con i propri voti decisivi, la elezione di un candidato della sinistra laica o cattolica che desse garanzia di essere aperto alle profonde esigenze di progresso sociale e politico della nazione e fosse, al contrario del candidato di parte dorotea, l’espressione di un largo arco di forze democratiche.
A questo scopo, i gruppi parlamentari del PCI hanno dichiarato, in modo preciso, la loro disposizione a far convergere i propri voti e a garantire la votazione di quel candidato, della sinistra laica o democristiana, che fosse in grado di raccogliere, attorno al proprio nome, l’unità di forze democratiche necessaria a determinare una maggioranza. Al raggiungimento di questo obbiettivo sono state ispirate le iniziative e i contatti che le Segreterie e i direttivi dei gruppi parlamentari del PCI hanno preso nel corso della battaglia parlamentare. La direzione del PCI deve constatare con rincrescimento che la possibilità di far convergere su un unico candidato i voti di tutte le forze democratiche e di sinistra, pur unite nell’opposizione alla candidatura Leone, non si è ancora potuta realizzare sia a causa delle pressioni compiute dal gruppo di potere doroteo, sia per la divisione esistente fra le forze di sinistra e per le posizioni preclusive manifestatesi nei confronti dell’uno o dell’altro candidato laico o cattolico.
Perdurando tale situazione, i rabbini nel contempo i gruppi parlamentari del PSI presentato la candidatura del compagno Pietro Nenni, i comunisti hanno deciso di far convergere i loro voti sul suo nome. Con questa decisione i comunisti hanno inteso non solo esprimere ancora una volta e nel modo più significativo il loro spirito unitario nei confronti del PSI e indicare, per la Presidenza della Repubblica, una soluzione valida, chiaramente democratica e antifascista, ma anche facilitare la ricerca di una più larga convergenza di forze democratiche in modo da giungere alla elezione del Presidente della Repubblica.
La direzione del PCI, mentre ribadisce la ferma volontà dei comunisti di impedire ogni imposizione di parte, rinnova il suo invito per una intesa di tutte le forze della sinistra laica e cattolica e fa appello, nello stesso tempo alla responsabilità di tutti i settori democratici del Parlamento perché rigide posizioni esclusivistiche e di parte non ritardino ulteriormente la soluzione che il Paese attende.
LA DIREZIONE DEL PCI
Roma, 23 dicembre 1964